Uno po' di quello che vuoi sapere su IA e informazione!
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Newsletter 20 del 31 maggio 2024
Uno po' di quello che vuoi sapere su IA e informazione!

SØØn vuol essere un riepilogo settimanale di alcune delle numerose novità che evolvono continuamente il mondo dell'Intelligenza Artificiale. Non è possibile darne un resoconto completo o esaustivo, ci vorrebbero decine di pagine. Scegliamo quelle che possono riguardare, direttamente o indirettamente, il mondo dell'informazione e del giornalismo

Google si “prende” tutto il traffico nel suo walled garden

Google nel corso di questi anni ha continuato a innovare e ampliare le capacità della sua ricerca, adeguandosi costantemente ai progressi tecnologici. Attraverso un miglioramento continuo dei suoi sistemi per la qualità delle informazioni, ha semplificato la ricerca per gli utenti, costruendo una vasta base di conoscenze, contenente miliardi di informazioni su persone, luoghi e oggetti, che garantissero un accesso rapido a dati affidabili.

Con l’introduzione dell’intelligenza artificiale, Google ha ulteriormente migliorato l’esperienza di ricerca. Ora, gli utenti possono chiedere qualsiasi cosa, dalla semplice ricerca alla pianificazione complessa, e Google svolgerà il lavoro per loro.

Questo è reso possibile grazie al modello Gemini, sviluppato specificamente per la Ricerca Google. Gemini combina capacità avanzate di ragionamento, pianificazione e multimodalità, integrandosi con i migliori sistemi di ricerca.

Lo scorso anno, Google aveva già lanciato la Search Generative Experience, permettendo agli utenti di provare nuove funzionalità sperimentali.

Ora, le risposte generate con Gemini, all’interno del motore di ricerca, sono disponibili per tutti gli utenti negli Stati Uniti e saranno estese a molti altri Paesi entro la fine del 2024.

Queste funzionalità saranno disponibili su tutte le piattaforme, sia sul Web che sui dispositivi mobili, e integrate nell’esperienza di ricerca nei browser.

Una caratteristica chiave di questa nuova esperienza è la funzione “AI Overviews”, che genera riassunti in cima ai risultati di ricerca. Questi riassunti rispondono direttamente alle query degli utenti, sintetizzando informazioni da vari siti web e offrendo link alle fonti originali.

Queste “panoramiche” AI di Google mirano a evitare che gli utenti passino ad alternative come ChatGPT o Perplexity.

Gli annunci di ricerca sono una delle maggiori fonti di entrate dell’azienda, e cambiamenti nel loro posizionamento o design possono influire significativamente sui ricavi.

Recentemente, le panoramiche IA annunciate da Google hanno fatto notizia a livello internazionale, ma non per i motivi sperati. Attraverso Threads, Bluesky e X, gli utenti hanno riscontrato errori nelle risposte generate dall’intelligenza artificiale, come suggerire di mettere colla nella pizza o benzina negli spaghetti. Altri errori includevano affermazioni su un cane che ha giocato in diverse leghe sportive o su Batman che sarebbe un poliziotto.

La portavoce di Google, Meghann Farnsworth, ha affermato che questi errori provengono da domande insolite e non rappresentano le esperienze della maggior parte degli utenti. Google sta utilizzando questi esempi per continuare a perfezionare il prodotto.

 

Le IA devono pagare gli editori dei giornali

Lo scorso marzo, abbiamo scritto di come l’approccio del Financial Times (FT) all’intelligenza artificiale si distingua da altri per la sua apertura verso questa nuova tecnologia, in un’intervista infatti il CEO John Ridding aveva dichiaro fosse necessario: “abbracciare il cambiamento”.

Poco dopo, il FT aveva annunciato non solo la creazione di un proprio strumento di IA per la redazione, ma anche un accordo con OpenAI.

John Ridding al WAN-IFRA World News Media Congress di Copenhagen, ha nuovamente ribadito la sua posizione a riguardo, Egli ha definito questo un “momento decisivo” per i media sottolineando che le opportunità offerte dall’IA sono tanto grandi quanto i rischi.

Ridding ha affermato che gli editori come il FT, con il loro giornalismo affidabile e accurato prodotto dall’uomo, potrebbero essere in una posizione di forza, poiché “nonostante tutto il clamore, l’IA commette molti errori e non è all’altezza nella formazione dei fatti”. Ha evidenziato l’importanza di coinvolgere fonti attendibili per la formazione e la convalida delle informazioni.

Il rischio più grande è la disintermediazione e la separazione degli editori dai lettori, motivo per cui il FT sta “raddoppiando” i suoi reportage e le sue indagini di alta qualità.

Anche The Atlantic e Vox Media abbracciano OpenAI

Mercoledì 29 maggio, The Atlantic e Vox Media, la società madre di The Verge, hanno annunciato di aver siglato accordi di licenza con OpenAI, consentendo l’uso dei loro contenuti per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale e la loro condivisione all’interno di ChatGPT.

OpenAI ha accelerato la stipula di collaborazioni nel settore dei media per ottenere licenze sui dati di addestramento dei suoi modelli ed evitare potenziali cause legali per violazione del copyright. Gli accordi includono modalità specifiche su come i contenuti degli editori saranno mostrati in ChatGPT.

Gli articoli di Vox Media, che comprendono pubblicazioni come The Verge, Vox, New York Magazine, Eater, SBNation e i loro archivi, insieme ai contenuti di The Atlantic, riceveranno collegamenti di attribuzione quando citati.

The Atlantic pubblica contenuti dal 1857, mentre Vox Media ospita più di una dozzina di marchi di contenuti online, tra cui Vox, The Verge, Eater, The Cut, Vulture e SB Nation, con il New York Magazine attivo dal 1968.

OpenAI includerà citazioni quando i contenuti vengono utilizzati nelle risposte alle query degli utenti, collegandosi agli articoli pertinenti. The Atlantic ha dichiarato che collaborerà con OpenAI per definire come le notizie verranno presentate nei futuri prodotti di scoperta in tempo reale di OpenAI.

I dettagli finanziari degli accordi non sono stati resi pubblici, ma è presumibile che entrambe le società siano compensate per i loro contenuti, in linea con precedenti accordi simili tra editori e OpenAI. Gli accordi consentono anche alle pubblicazioni di utilizzare la tecnologia di OpenAI per sviluppare nuovi prodotti giornalistici.

La disinformazione online con l’intelligenza artificiale

La disinformazione online rappresenta una preoccupazione crescente per le piattaforme Internet, le istituzioni e la società nel suo complesso. Negli ultimi anni, il volume di informazioni condivise online è aumentato in modo esponenziale, e con esso la diffusione della disinformazione ha trovato un terreno fertile.

L’introduzione di strumenti generativi basati sull’intelligenza artificiale, che consentono di creare facilmente contenuti audio, immagini, video realistici e testi simili a quelli umani, ha amplificato ulteriormente queste preoccupazioni.

Nonostante l’intenso interesse pubblico e la copertura mediatica sul tema, le informazioni quantitative sulla prevalenza e le modalità della disinformazione basata sui media restano scarse.

Uno studio della Cornell Univesity condotto in due anni ha utilizzato valutatori umani per annotare la disinformazione basata sui media online, esaminando un totale di 135.838 fact-check, da quando è stato introdotto ClaimReview, un sistema di tagging che permette ai fact-checker e agli editori di segnalare la disinformazione su piattaforme come Google, Facebook, Bing e altre.

Dall’analisi delle affermazioni di disinformazione contenute nei fact-check, è emerso che la grande maggioranza (circa l’80% negli ultimi tempi) coinvolge i media. Storicamente, le immagini erano la modalità dominante associata alle affermazioni di disinformazione; tuttavia, a partire dal 2022, i video sono diventati più comuni, e attualmente oltre il 60% dei media considerati fake sono video.

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