Uno po' di quello che vuoi sapere su IA e informazione!
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Newsletter 27 del 26 luglio 2024
Uno po' di quello che vuoi sapere su IA e informazione!

SØØn vuol essere un riepilogo settimanale di alcune delle numerose novità che evolvono continuamente il mondo dell'intelligenza artificiale e del giornalismo. Non è possibile darne un resoconto completo o esaustivo, ci vorrebbero decine di pagine. 

The Atlantic e gli accordi con OpenAI

Nel corso dell’ultimo anno, abbiamo raccontato come numerosi editori e testate giornalistiche stiano stringendo accordi con aziende di intelligenza artificiale, in particolare con OpenAI.

Tra questi accordi ricordiamo anche quello della rivista statunitense The Atlantic con OpenAI e, sebbene avessimo già esplorato i motivi generali alla base di tali intesa, in una lunga intervista rilasciata al giornale The Verge, Nicholas Thompson, CEO di The Atlantic, ha offerto una visione più approfondita delle dinamiche e delle motivazioni che hanno spinto il giornale e, più in generale, gli editori a condividere i propri dati con le aziende di IA per l’addestramento dei loro sistemi.

Thompson spiega che il The Atlantic ha scelto di collaborare con OpenAI perché l’accordo ha generato nuove fonti di entrate, un maggiore traffico verso i contenuti prodotti e l’opportunità di sviluppare soluzioni innovative con strumenti di IA interni. Inoltre, secondo Thompson, bisogna rendersi conto di quanto l’IA stia “arrivando rapidamente” e quanto sia importante far parte di questo cambiamento per non essere tagliati fuori dal sistema; contribuire a plasmare il futuro dell’intelligenza artificiale è necessario per il mondo dell’informazione.

“Crediamo anche che il mondo sarà un posto migliore per il giornalismo serio se contenuti come quelli creati su The Atlantic faranno parte di questi modelli. Se i risultati della ricerca restituiscono contenuti prodotti da giornalisti e non dall’IA è meglio per i lettori e questo è meglio per il mondo, giusto?”...

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I dati per addestrare le IA si stanno esaurendo
flusso di bit

L’ accesso ai dati è di cruciale importanza per lo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale.

I dati utilizzati per addestrare questi modelli provengono da diverse fonti, e la disponibilità di tali dati ha permesso significativi avanzamenti nel campo dell’IA. Tuttavia, come emerge da uno studio pubblicato dalla Data Provenance Initiative, un gruppo di ricerca del MIT, recenti cambiamenti nelle normative e l’aumento delle restrizioni stanno compromettendo questa accessibilità, creando quella che viene definita una crisi dei dati.

Lo studio, che è riportato anche dal The New York Times, in un lungo articolo di Kevin Roose dello scorso 19 luglio, ha esaminato 14.000 domini web inclusi in tre set di dati di addestramento dell’IA comunemente utilizzati, evidenziando una “crisi emergente del consenso”, in quanto gli editori e le piattaforme online hanno adottato misure per impedire l’acquisizione dei loro dati.

I ricercatori stimano che nei tre set di dati – chiamati C4, RefinedWeb e Dolma – il 5% di tutti i dati, e il 25% dei dati provenienti dalle fonti di qualità più elevata, sia stato sottoposto a restrizioni. Queste restrizioni sono state impostate attraverso il protocollo di esclusione dei robot, un metodo vecchio di decenni che consente ai proprietari di siti web di impedire ai bot automatici di effettuare il crawling delle loro pagine utilizzando un file chiamato robots.txt.

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Le AI Overview di Google alla prova di Brightedge

Continuiamo ad utilizzare sempre di più l’intelligenza artificiale generativa per trovare soluzioni e risposte alle nostre numerose domande. A fronte di questa crescente domanda, lo scorso maggio, Google ha lanciato ufficialmente AI Overviews, una funzionalità di IA aggiuntiva per il suo motore di ricerca, inizialmente disponibile solo per gli utenti negli Stati Uniti, ma che presto sarà diffusa a livello globale.

Questa innovazione rappresenta una radicale trasformazione della ricerca, in un contesto definito Search Generative Experience, in cui l’utente non deve più leggere e scegliere quali informazioni, tra i risultati di ricerca, sono necessarie a dare una risposta in grado soddisfare la sua domanda, ma è il sistema di Intelligenza artificiale che lo fa per lui. D’altronde, AI Overviews, utilizza un nuovo modello Gemini specializzato per riassumere le informazioni presenti sul web e per mostrare risultati di ricerca più completi e informativi in base alla domanda iniziale dell’utente.

In questa fase del tutto “sperimentale” statunitense è accaduto che, nelle ultime settimane, si è verificato un calo della frequenza con cui le AI Overview appaiono nei risultati delle ricerche. Nello specifico i dati raccolti da Brightedge, una società specializzata in SEO, mostrano che la presenza delle AI Overview è diminuita dall’11% delle query del 1° giugno al 7% delle query del 30 giugno, evidenziando in tal modo un possibile malfunzionamento di questa nuova caratteristica “sintetica” del motore di ricerca...

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L’impatto dell’IA nel giornalismo: bilanciare innovazione e fiducia

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel giornalismo è questione ampiamente dibattuta e sempre più rilevante, laddove essa può determinare conseguenze significative sulla fiducia dei lettori nei confronti delle notizie che consumano.

Hilke Schellmann, giornalista investigativa, non a caso ha affermato, in un’intervista rilasciata a Laptop Mag lo scorso 3 luglio, che, nonostante l’IA può aiutare nella ricerca e nella generazione di idee, c’è un rischio significativo che le informazioni presentate possano essere inesatte o che le fonti non vengano citate correttamente, andando a danneggiare la reputazione delle organizzazioni giornalistiche e a minare la fiducia dei lettori. Secondo Schellmann, i principi più importanti del giornalismo sono l’accuratezza e il “contenuto fattuale corretto” e a ciò consegue che nell’utilizzo degli strumenti di Intelligenza Artificiale, i giornalisti devono garantire il rispetto di tali principi...

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Un nuovo strumento contro i Deepfake

Un articolo di Sarah Wild su Nature, annuncia un nuovo studio, non ancora pubblicato, che adotta un approccio innovativo per identificare le immagini “deepfake”, utilizzando tecniche astronomiche solitamente impiegate per osservare galassie lontane.

La chiave di questa metodologia risiede negli occhi. Analizzando i riflessi della luce nei bulbi oculari delle immagini dei volti analizzati, i ricercatori possono individuare le anomalie tipiche delle immagini create al computer.

Lo studio è stato presentato da Kevin Pimbblet, direttore del Centro di Eccellenza per la Scienza dei Dati, l’Intelligenza Artificiale e la Modellazione dell’Università di Hull, durante la riunione nazionale di astronomia della Royal Astronomical Society britannica il 15 luglio.

Le fotografie autentiche seguono leggi fisiche coerenti, secondo Pimbblet. “I riflessi che si vedono nel bulbo oculare sinistro dovrebbero essere molto simili a quelli del bulbo oculare destro”, spiega. Utilizzando tecniche di analisi della luce applicate solitamente alle stelle e galassie, gli astronomi sono riusciti a individuare discrepanze che suggeriscono la manipolazione dell’immagine...

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