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Secondo Mark A. Lemley, professore di diritto presso la Stanford Law School e direttore del programma della Stanford Law School in diritto, scienza e tecnologia, l’intelligenza artificiale generativa rivolterà, come un calzino, l’attuale dottrina sul copyright.

Lemley, in un documento dello scorso giugno pubblicato nella Science and Technology Law Review, afferma che l’intelligenza artificiale generativa (IA) non è semplicemente un’evoluzione tecnologica che influisce sull’economia della creatività, ma rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui pensiamo alla creatività e, quindi, al diritto d’autore.

Mentre molti casi di copyright legati all’IA sono già sotto esame nei tribunali (come la questione di chi possieda i diritti sulle opere generate dall’IA e l’uso equo di dati di addestramento), queste questioni non rappresentano il vero impatto che la tecnologia IA avrà sulle leggi esistenti.

Il cambiamento della dottrina sarà necessario in seguito alla trasformazione della creatività stessa. Storicamente, il diritto d’autore è servito a proteggere coloro che creano opere originali.

Tuttavia, con l’avvento dell’IA, la creazione si sposta da un’opera fisica o concettuale a un processo di “domanda” o “prompt”, dove l’utente fornisce input o istruzioni che l’IA trasforma in contenuti. Questa nuova dinamica pone un’enorme pressione sulle due dottrine fondamentali del diritto d’autore: la dicotomia idea-espressione e il test della similarità sostanziale. Per Lemley il ruolo tradizionale del diritto d’autore, ovvero premiare la creatività dell’autore, sarà drasticamente ridotto, poiché l’IA svolge il grosso del lavoro creativo.

La dicotomia idea-espressione

La dicotomia idea-espressione è un principio fondamentale del diritto d’autore: le idee non possono essere protette, ma la loro espressione concreta sì. Questo serve a evitare che qualcuno “possieda” un’idea generale, lasciando a chiunque la possibilità di esprimerla in modi diversi.

L’IA, però, sconvolge questo principio. Modelli come GPT-4 o DALL-E permettono agli utenti di fornire semplici idee di base (ad esempio, una richiesta di testo o immagine), e l’IA si occupa di realizzare il lavoro completo. Questo riduce il ruolo umano nella creazione e automatizza la parte espressiva, che era prima il fulcro della protezione del diritto d’autore.

Prima della GenAI, l’espressione artistica richiedeva uno sforzo concreto, ma ora l’IA automatizza gran parte del processo, lasciando all’uomo solo l’idea di base. Lemley ipotizza che l’IA potrebbe essere considerata autrice delle opere, o che queste finiscano nel dominio pubblico. Tuttavia, ciò potrebbe creare problemi, poiché aziende e individui potrebbero voler rivendicare la proprietà di opere generate dall’IA, soprattutto se acquisiscono valore.

La similarità sostanziale

Il test della “similarità sostanziale” rappresenta un principio cardine del diritto d’autore, utilizzato per determinare se un’opera è stata copiata da un’altra attraverso il confronto delle somiglianze. Di solito, quando non ci sono prove dirette di plagio, i tribunali possono dedurre una violazione basandosi sulla similarità tra le opere. Tuttavia, con l’avvento dell’IA che crea contenuti, questo approccio perde di rilevanza.

Secondo Lemley, se due persone richiedono a un modello generativo di creare opere simili (come due quadri impressionisti di pinguini su una spiaggia), i risultati saranno probabilmente simili, ma non identici. Questo non significa che ci sia stata una copia intenzionale, bensì che l’IA ha interpretato la stessa idea di base in modo simile per entrambi. Inoltre, l’opera generata dall’IA può essere influenzata da fattori come il seed casuale, che rende unica ogni creazione pur partendo da richieste simili.

Una possibile svolta

Un’alternativa potrebbe essere riconoscere la creatività non tanto nella produzione del contenuto generato dall’IA, quanto nella formulazione delle richieste (prompt engineering). L’autore evidenzia che, sebbene la creazione dei prompt possa implicare un certo grado di creatività, il valore complessivo delle opere prodotte dall’IA rimarrà in gran parte escluso dalla protezione del copyright. Questo perché l’IA si occupa della realizzazione concreta, mentre il contributo umano può limitarsi a un’idea o a istruzioni generiche.

Lemley ipotizza che il concetto di copyright potrebbe adattarsi per riconoscere e premiare chi è in grado di elaborare prompt più complessi e dettagliati, anche se ciò richiederebbe un cambiamento significativo nella dottrina del diritto d’autore. Tuttavia, anche in un sistema che riconosca la creatività nei prompt, la protezione sarà probabilmente limitata a elementi marginali e specifici delle opere. Di conseguenza, la creatività potrebbe spostarsi dalle opere generate dall’IA ai dettagli dei prompt stessi, ma solo se questi dimostrano un livello di creatività sufficiente.

Il futuro della creatività, secondo Lemley, sarà sempre più legato alla capacità di porre le giuste domande o fornire le giuste istruzioni a un sistema IA, piuttosto che alla creazione diretta di contenuti. Di conseguenza, il diritto d’autore, che è stato tradizionalmente costruito attorno alla protezione dell’espressione umana, potrebbe diventare sempre meno rilevante man mano che l’IA assumerà un ruolo sempre più centrale nel processo creativo.

Lemley evidenzia che se la dottrina legale non evolve, il diritto d’autore potrebbe perdere significato nel contesto della produzione creativa moderna: il riconoscimento della creatività umana nella progettazione di prompt potrebbe fornire una soluzione, anche se limitata.