The Atlantic e gli accordi con OpenAI

Il The Atlantic ha stretto un accordo con OpenAI per generare entrate e sviluppare nuovi strumenti IA, partecipando al cambiamento per non essere escluso dal sistema.

clessidra su un giornale

Nel corso dell’ultimo anno, abbiamo raccontato come numerosi editori e testate giornalistiche stiano stringendo accordi con aziende di intelligenza artificiale, in particolare con OpenAI.

Tra questi accordi ricordiamo anche quello della rivista statunitense The Atlantic con OpenAI e, sebbene avessimo già esplorato i motivi generali alla base di tali intesa, in una lunga intervista rilasciata al giornale The Verge, Nicholas Thompson, CEO di The Atlantic, ha offerto una visione più approfondita delle dinamiche e delle motivazioni che hanno spinto il giornale e, più in generale, gli editori a condividere i propri dati con le aziende di IA per l’addestramento dei loro sistemi.

Thompson spiega che il The Atlantic ha scelto di collaborare con OpenAI perché l’accordo ha generato nuove fonti di entrate, un maggiore traffico verso i contenuti prodotti e l’opportunità di sviluppare soluzioni innovative con strumenti di IA interni. Inoltre, secondo Thompson, bisogna rendersi conto di quanto l’IA stia “arrivando rapidamente” e quanto sia importante far parte di questo cambiamento per non essere tagliati fuori dal sistema; contribuire a plasmare il futuro dell’intelligenza artificiale è necessario per il mondo dell’informazione.

“Crediamo anche che il mondo sarà un posto migliore per il giornalismo serio se contenuti come quelli creati su The Atlantic faranno parte di questi modelli. Se i risultati della ricerca restituiscono contenuti prodotti da giornalisti e non dall’IA è meglio per i lettori e questo è meglio per il mondo, giusto?”.

Ha spiegato Thompson che l’accordo tra The Atlantic e OpenAI è articolato in quattro parti principali: innanzitutto, per un periodo di due anni, OpenAI ha il permesso di allenarsi sui dati e, sebbene ci siano alcune limitazioni su come questi dati possono essere utilizzati, questa fase consente a OpenAI di integrare il contenuto di The Atlantic nel suo sistema.

La seconda parte dell’accordo riguarda una collaborazione di prodotto. In questo contesto, OpenAI fornisce dei crediti che aiutano The Atlantic a sviluppare nuovi strumenti commerciali. In pratica, questo significa che The Atlantic può sfruttare la tecnologia di OpenAI senza dover ricorrere ad alternative come Llama. Inoltre, ci sono piani per lanciare un sito laboratorio con strumenti sperimentali per migliorare l’esperienza dei lettori.

La terza parte riguarda un progetto ancora in fase di sviluppo: c’è la possibilità che l’azienda di intelligenza artificiale sviluppi un motore di ricerca e The Atlantic ha scelto di partecipare all’iniziativa per garantire che i propri contenuti siano inclusi in questo strumento.

Infine, la quarta parte dell’accordo prevede uno scambio continuo di feedback. Quando The Atlantic nota qualcosa di rilevante nei risultati dell’IA, come particolari URL o collegamenti non corretti a contenuti multimediali, queste osservazioni vengono condivise con OpenAI. Questo aiuta a migliorare il prodotto in modo che sia vantaggioso sia per il giornalismo serio che per The Atlantic stesso.

L’obiettivo è chiaro: “Vogliamo massimizzare diverse cose, giusto? Vogliamo massimizzare la quantità di denaro che arriva alle aziende giornalistiche serie. Vogliamo plasmare il settore nella migliore direzione possibile in base ai nostri valori, e pensiamo che i valori siano importanti. “

Le redazioni devono agire adesso prima che le aziende di IA diventino indipendenti: come abbiamo detto in precedenza l’accordo tra il The Atlantic e OpenAI avrà una durata di 2 anni e non è scontato che verrà rinnovato in quanto si teme che con il passare del tempo tali strumenti saranno in grado di auto addestrarsi con la generazione di contenuti sintetici. Anche se, come abbiamo sottolineato in un altro articolo, molti ricercatori dubitano che gli attuali sistemi di IA siano in grado di generare dati sintetici di qualità sufficiente a sostituire i dati creati dall’uomo.